sabato 13 ottobre 2007

Parte 9 - Indagini

(Writer: Seth)


"Riproviamoci..." il maresciallo Santi cominciava a sentire il peso di quasi quattro ore filate ad interrogare il sospetto. Cominciava anche a rimpiangere di non essere in un film americano in cui i buoni potevano schiaffeggiare senza ripercussioni il sospettato e fumare nella stanza per l'interrogatorio.

Il ragazzo davanti a lui, Antonio Esposito detto Toni, era accusato di aver farcito una macchina di esplosivo al fertilizzante e di averla fatta esplodere in una strada commerciale e di essere abbastanza stupido da farsi trovare nelle immediate vicinanze con uno zaino pieno dello stesso esplosivo usato per l'attentato. Per non parlare della questione della vecchia che avrebbe ucciso per occuparne la casa.

"Abbiamo i risultati dei RIS che confermano che l'esplosivo usato nell'attentato è lo stesso trovato nel tuo zaino. Già questo basta ad inchiodarti. Già il fatto che tu te ne vada a giro con uno zaino pieno di esplosivo ad alto potenziale fatto in casa basterebbe a farti finire dentro per almeno dieci anni. Aggiungici la strage di oggi, ventiquattro morti, tra i quali c'è una massaia di trent'anni col figlioletto di sei che erano andati a cercare la cartella per il primo giorno di scuola. Non esiste al mondo un giudice che ti condannerebbe a meno di venti ergastoli per quello che hai fatto." il maresciallo fece una pausa per lasciare che il significato delle sue parole venisse assimilato dal cervello di Toni. Aspettò un cambiamento nell'espressione del ragazzo, ma dubitò che potesse assumere un'espressione più disperata di quella che aveva sulla faccia da quando l'aveva visto per la prima volta durante il trasferimento dalla polizia.

"Te lo chiederò solo un'altra volta..."

"NON LO SO! Se lo sapessi vi avrei già consegnato il mandante ma non lo conosco. Mi ha contattato per telefono col numero anonimo. Le istruzioni e i pagamenti mi arrivavano direttamente nella buca delle lettere. Mai visto il mandante, mai saputo cosa volesse fare, io mi limitavo a confezionargli l'esplosivo e a portarlo dove voleva lui. Non sapevo a cosa servisse, credevo fosse per un colpo in banca non per fare una cazzo di strage!" e iniziò a piangere.

"D'accordo, non conosci il mandante. Mi vuoi far credere che non conosci nemmeno la tua complice?"

"NON HO NESSUNA CAZZO DI COMPLICE! Quante volte ve lo devo ripetere? Non avevo mai visto quel posto in vita mia, era solo il luogo in cui avrei dovuto incontrare l'uomo del mistero per l'ultima fetta del pagamento! Quello stronzo deve avermi incastrato... Mi ha chiamato poco prima dell'esplosione dicendomi di aspettarlo là e poi ho visto la ragazza uscire di corsa dal palazzo, ma non so chi sia. Mai vista prima." Il che non era del tutto vero, era sicuro di averla già vista altrove, ma fino a quando non gli fosse tornato in mente, Toni decise di tenere quel dettaglio per sè.

"Abbiamo controllato i tabulati del tuo cellulare. Abbiamo effettivamente trovato una chiamata con l'oscurazione del chiamante pochi secondi prima dell'esplosione, ma la chiamata arrivava da un telefonino cinese. Non sembra proprio che il tuo uomo del mistero avesse voglia di incontrarti..."

"LO SO! Mi ha incastrato quello stronzo!"

"E allora perchè continui a proteggerlo?"

La faccia di Toni si dipinse dei toni scuri della frustrazione "No... Non lo sto proteggendo cazzo... Vorrei... Cazzo farei di tutto per aiutarvi a beccare quello stronzo assassino doppiogiochista figlio di puttana, ma non so niente oltre a quello che vi ho detto."

Due rapidi colpi alla porta interruppero il fiato al maresciallo Santi che si stava preparando a tornare all'attacco.

"Avanti."

"Maresciallo il tenente Luttazzi la desidera nel suo ufficio, sorveglierò io il prigioniero."

"Grazie appuntato."



L'ufficio del tenente era una piccola stanza ritagliata con pareti in cartongesso dagli uffici dei sottoposti. L'arredamento era squallido e funzionale come quello della maggior parte degli uffici dei Carabinieri sparsi nello stivale. La scrivania in ferraccio laccato, solitamente sommersa da fascicoli di casi aperti, era stata sgombrata per far posto ai fascicoli riguardanti l'esplosione. Il rapporto dei RIS sull'esplosivo trovato nello zaino, il rapporto preliminare riguardante il luogo dell'attentato, i rilevamenti della polizia nell'appartamento che avevano perquisito poco prima dell'esplosione, dichiarazioni, rapporti... Un labirinto di carte che celava il colpevole al suo interno, ma a nessuno fino ad ora era riuscito di venirne a capo.

"Signor tenente, mi ha fatto chiamare dall'appuntato Rossi?"

"Si, voglio un aggiornamento. Il generale di brigata mi sta col fiato sul collo e pare che sia coinvolto persino il generale di corpo d'armata. Questa roma, cazzo! È la capitale, tutto il mondo ha gli occhi puntati su di noi. Mi dica che ha buone notizie da darmi."

"No signore. Ormai sono quasi dieci ore che il sospetto è sotto torchio, ma continua a dare la stessa versione. E onestamente io gli credo, non mi sembra uno in grado di resistere a dieci ore di interrogatorio senza tradirsi. Credo che il vero colpevole sia molto ben organizzato e molto, molto prudente."

"Era proprio quello che avevo paura di sentire. Come avete intenzione di procedere?"

"Vorrei mandare una squadra dei RIS a casa del sospettato per vedere se trovano qualcosa sulle buste usate per le consegne, ma non credo che avremo molta fortuna in quel senso. Vorrei anche far esaminare il suo computer da un tecnico, credo che sia quella la strada da seguire fino a quando non avremo nuovi elementi. È stata trovata la ragazza dell'appartamento?"
"Non abbiamo avuto nessun riscontro in questa direzione: l'unico ad aver parlato di una ragazza è il signor Esposito, persino i poliziotti entrati in seguito alla telefonata anonima non l'hanno vista uscire. Per come la vedo io se l'è inventata."
"E i vestiti abbandonati? Quelli non erano certo vestiti maschili."
"Potrebbe averceli messi lui per sostenere la sua teoria. Per addossare la colpa su qualcun'altro, sapendo che non l'avremmo mai trovata e sperando così di instaurare un ragionevole dubbio al processo."
"Non credo: non ha incolpato la ragazza di niente, non ha nemmeno provato ad incolparla di avergli lasciato lo zainetto durante lo scontro."
"Forse ha ragione. Qual'è la sua teoria?"
"Così su due piedi, e peggio ancora senza nessuno straccio di prova per dimostrarlo non credo che conti molto."
"Non mi aspetto che mi consegni il colpevole. Voglio solo un punto di vista diverso."
"Secondo me Toni è innocente. Per quello che riguarda la strage, almeno. Penso che sia un poveraccio che sa solo fare bombe e tira a campare con quello. Ma è un mercato pericoloso e si incontrano persone pericolose. Credo che il nostro fantomatico uomo del mistero abbia trovato in Antonio un fornitore e un capro espiatorio. Credo che stiamo guardando nella direzione sbagliata e che in realtà questa faccenda sia molto più grande di quello che crediamo."
"E in tutto questo come c'entrerebbe la ragazza? Sempre ammettendo che esista?"
"Ancora non lo so. Ma dubito che sia una coincidenza, ci sono troppe coincidenze in questa storia. Per ora conosciamo solo una parte del quadro generale, ma quando ne verremo a capo sono sicuro che la ragazza avrà un suo ruolo ben preciso."
"C'è altro?"
"Sissignore, al RIS mi hanno detto che al momento non hanno disponibilità di uomini per andare a controllare la casa di Esposito. Mi chiedevo se..."
"Questo caso ha la priorità assoluta. Me ne occupo io, se non c'è altro può andare."
"Nossignore, non c'è altro. La terrò aggiornato."

sabato 6 ottobre 2007

Parte 8 - Una chiacchierata tra amici...

(Writer: Suchi)


Sentì nella bocca il sapore metallico del sangue. Iaco odiava quel sapore, non aveva mai potuto soffrirlo e lo odiava adesso ancora di più visto che il sangue che sentiva era suo.

Il pugno in faccia con cui era stato salutato dal suo carceriere gli aveva confermato tante cose che già sapeva. Un pugno forte e deciso, un colpo portato con maestria da una mano abituata a picchiare, a stritolare, a far provare atroce dolore: chiunque fosse a tenerlo legato ad una sedia non era certo una persona che Iaco avrebbe fregato facilmente.

Il labbro spaccato e pulsante cominciava a gonfiarsi, mentre l'uomo nella stanza si muoveva nella semi oscurità per prendere una sedia e potersi sedere di fornte a Iaco, sempre con quel sorriso sadico incollato sulla sua bocca, l'unica cosa oltre agli occhi che il passamontagna lasciasse scoperta.
Stava ancora sedendosi quando chiese brusco: "qual era il messaggio che ha consegnato l'altro giorno al parco?".
Per la prima volta in quasi 30 anni di vita Iaco rimase allibito; come cazzo faceva a sapere del messaggio!? Era stato bravo, aveva usato per quella cosegna tutta la sua professionalità ed esperienza, attuando tutte le strategie necessarie per depistare eventuali pedinatori, cambiando almeno 8 taxi, prendendo autobus e metrò fino allo sfinimento. Per andare dal suo albergo al parco dove aveva fatto la consegna ci aveva messo sei ore e dalla sua camera d'albergo vedeva la panchina dell'appuntamento...
Un violento ceffone interruppe il filo dei suoi pensieri.
"Potrebbe cortesemente rispondere?". "Mena come un fabbro e mi da del lei? Ma con chi diavolo ho a che fare?" penso Iaco. Guardò per un istante gli occhi del suo aguzzino che lo fissavano immobili. Non c'era odio in quegli occhi, solo fredda professionalità. Anche il sorriso sadico era scomparso.
No, non avrebbe parlato, rivelare il contenuto del messaggio sarebbe stata la sua morte, aveva a che fare con gente spietata e sinchè lui avesse avuto quell'informazione sarebbe stato lasciato in vita. Doveva guadagnare tempo.
"Non conosco il contenuto del messaggio, sono solo un corriere."
Il pugno questa volta non era disatteso, ma la violenza con cui fu colpito lo scaraventò a terra assieme alla sedia, mentre le ossa del naso si sbriciolavano ed il sangue copioso invadeva le sue narici e colava nella sua gola.
"Non mi prenda in giro, so tutto, so chi è lei e so chi è la ragazza a cui a consegnato il biglietto, quello che mi resta da sapere è il contenuto del messaggio. Me lo dica, si risparmierà inutili sofferenze."
L'uomo afferrò Iaco da terra e lo rimise in piedi, mentre il giovane corriere tossiva.
"Allora? Il contenuto del messaggio qual era?"
Iaco rimase muto, il respiro affannoso e la maglietta madida di sangue.
"Sa, ho parlato con tante persone come Lei nella mia vita, ed ho sempre incontrato resistenza. Le posso assicurare però che alla fine tutti mi hanno detto ciò che volevo sapere".
Detto questo l'uomo si avvicinò ad una scrivania, apri un cassetto e ne tirò fuori un paio di pinze da idraulico, poi rapido e professionale tornò verso Iaco, afferrò la mano sinistra legata saldamente al bracciolo della sedia e con l'ausilio delle pinze gli ruppe il mignolo.
Iaco urlò di dolore, mentre la sua falange si spezzava ed i tendini si strappavano. Forse parlare non era poi una cattiva idea...

martedì 11 settembre 2007

Parte 7 - La via della semplicità

(Writer: Asdmaster)

Si lascio' andare indietro sulla sedia stendendo le gambe al di sotto della scrivania, gli occhi socchiusi, il respiro regolarizzato nel tentativo di raggiungere uno stato di quiete utile al pensare, al ragionare, per trovare un bandolo di una matassa che sembrava essere più ingarbugliata di quanto sembrasse in precedenza.
L'ispettore Ferrini, di nome Elia, si stropiccio' il viso cercando di scacciare quella stanchezza mentale che come una coltre di nebbia avvolgeva la sua lucidità, provò a focalizzare gli eventi puntando lo sguardo in un punto vuoto dell'ufficio.
Non si accorse nemmeno di un agente che gentilmente gli aveva portato un caffe', mantenendo un rigoroso silenzio per rispetto alle sue elucubrazioni mentali, la coscienza dell'ispettore era altrove, cercando disperatamente una connessione alternativa fra fatti che sembravano troppo facilmente interconnessi fra di loro.
L'esplosione, tutto ruotava intorno a quello... l'esplosione e un tizio carico di esplosivo...
c'era qualcosa che non tornava... tipo nota stonata... era quasi...
Banale.
Ecco la parola giusta, la soluzione incarnata nella figura dell'uomo giusto al momento giusto nel posto giusto?
Banale...
L'ispettore capo Martinelli gia' esultava per aver preso con le mani nel sacco il dinamitardo, la stampa era in un brodo di giuggiole pronta a fornire in pasto alla gente il nuovo mostro... Ma, a Ferrini, tutto questo continuava a non andare a genio.
Il tarlo del dubbio lavorava producendo un ideale ronzio nella mente dell'uomo, insinuandosi e continuando a fargli vedere che la soluzione che cercava era lì, proprio lì, appena al di la' del suo campo visivo... così vicina e allo stesso tempo non raggiungibile nell'immediato... una supposizione, o un tarlo, non bastavano a tenere aperta una indagine per troppo tempo, se lo avesse fatto lo avrebbero martirizzato.
Si alzò dalla sedia stanco oramai di battere la testa sull'argomento, era tutto il giorno che ci rimuginava sopra, doveva staccare il cervello e prendersi una pausa; domani la cosa magari gli sarebbe sembrata sicuramente piu' chiara, addirittura, con un po' di fortuna, si sarebbe potuto rendere conto che il l'ispettore capo, il questore, i giornalisti avevano ragione e che il mostro era proprio l'uomo che avevano arrestato.
Non ci credeva nemmeno lui a questa rosea visione, ma al momento...
Lascio' il pensiero a morire così a mezzo, mentre si dirigeva verso l'uscita del distaccamento di polizia salutando con gesti della mano e del capo i colleghi e i subordinati, ricadendo, purtroppo, nel turbinio di pensieri sparsi che rimbalzavano nella sua scatola cranica come le palline di un flipper in una partita parecchio movimentata.
Il "mostro", non aveva rilasciato dichiarazioni, ed era piu' che comprensibile, in fondo uno zaino pieno di esplosivo lascia poco spazio di manovra a smentite o affermazioni di non colpevolezza.
Alto piu' della media la figura dell'ispettore si allontanava dal distretto in direzione di un' alfa 147 nera, sigretta stretta nelle labbra e sguardo rivolto verso la pavimentazione del marciapiede, schivando quasi istintivamente i pochi passanti...
Poi, nel baccano dei suoi pensieri, un suono, anzi per la precisione una melodia, la cavalcata delle vakirie.
Ferrini inalzo' un sopracciglio con espressione contrariata, scocciato per l'interruzione poco cortese estrasse dalla tasca il cellulare leggendo sul display un chiarificatore "numero privato"
"Ferrini..." come sua abitudine si identifico' quasi abbaiando al microfono dell'apparecchio, convinto fino in fondo che fosse una chiamata che lo avrebbe costretto a girarsi e tornare in ufficio.
La voce femminile che rispose, pero', era completamente diversa da quella della centralinista.
"Ciao Elia... credo di essere nei guai." una pausa, chi parlava evidentemente conosceva bene il peso delle parole che aveva pronunciato, e le loro conseguenze. "Ho bisogno di te."
Panico. non esistono altre parole per definire la sensazione dell'ispettore in quel momento, se non Panico, e di quello con la P maiuscola, non una paura generica.
"Ma.. " deglutì come cercando di scacciare gli effetti di un pugno alla bocca dello stomaco. "Dalila... cosa... Cosa diavolo vuoi da me ?"

mercoledì 5 settembre 2007

Parte 6 - L'appuntamento

(Writer: Immenso)

La pioggia cadeva fitta mentre lui, frettolosamente, raggiungeva il luogo dell'appuntamento. Voleva essere puntuale a tutti i costi, dimostrare di essere affidabile e di saper gestire qualunque situazione.
Arrivò all'indirizzo che si era segnato. Il suo appuntamento era per le 18.00 in punto, via Pisana 123, di fronte ad un vecchio palazzo con un piccolo giardino davanti all'ingresso.
Il cellulare cominciò a vibrare. All'altro capo della linea c'era il suo contatto, l'uomo del mistero. Mai visto prima. Era ansioso di conoscerlo, aveva il desiderio di scoprire se era realmente come se l'era immaginato.
Gli disse di attendere al punto di incontro ancora per un po'. Strano che fosse in ritardo. Cominciò subito a pensare che qualcosa fosse andato storto. Poteva essere seguito o rintracciato, ma cercò di convincersi che tutto filasse liscio. Doveva calmarsi. Si accese una sigaretta, tenendo l'ombrello appoggiato al corpo, avvicinandosi al porticato dal palazzo per ripararsi dalla pioggia.

Il portone di ingresso del palazzo si spalancò. Vide una donna sfrecciargli di lato.

Senza rendersene conto si ritrovò a terra. Non riuscì a capire se fosse inciampato da solo, oppure se fosse stata la donna a farlo cadere. Sapeva solo che era disteso sul giardino, sotta la pioggia ed in mezzo al fango. Vide la figura femminile allontanarsi rapidamente, ma in modo ordinato. La stronza non si girò neanche per scusarsi. Fu tentato di urlarle contro, ma non voleva attirare troppo l'attenzione, data la situazione non sarebbe stato opportuno.

Mentre imprecava silenziosamante a causa del fango che si ritrovava addosso, udì un boato enorme. Non pensava che l'esplosione sarebbe stata cosi violenta. Nè pensava che la bomba sarebbe esplosa in quel preciso istante.
Il fatto di essere a poche centinaia di metri dall'esplosione lo turbava alquanto e decise di allontanarsi dal luogo dell'appuntamento. Troppo pericoloso restare lì vicino con tutto l'esplosivo che aveva nello zaino.
Provò ad alzarsi ma fu riatterrato nuovamente, schiena a terra, da un cane uscito dallo stesso portone. Era un Labrador tanto affettuoso quanto ingombrante. Sul collare aveva scritto il nome “Antonio”. Gli parve inverosimile che il cane si chiamasse Antonio proprio come lui. Incredibile. Notò anche il muso ricoperto di sangue. "Avrà aggredito qualcuno?", "Sarà pericoloso?" pensò.
Il cane cominciò ad abbaiare insistentemente ed Antonio, ricomperto di fango, si rimise in piedi avviandosi verso la strada. Era desideroso di andarsene. Nello stesso istante un poliziotto armato spuntò dalla porta.
"Non muoverti" urlò.

mercoledì 29 agosto 2007

Parte 5 - I secondi contano il tempo

(Writer: Andrea(sdl))

Ore 18:00:24

Dalila attraversa la stanza con passo felpato. Si ferma dietro la parete ed ascolta i rumori provenire dall'ingresso della casa. Riesce a contare due persone dal rumore dei passi, più una terza, dal tocco finale sulla porta dopo che i suoi compagni ne hanno preceduto l'ingresso. La terza però rimane fuori, e Dalila lo sente dai suoni.
"Ma secondo te c'è qualcuno?"
"Sarà il solito caso di vecchiettina morta per infarto. Porca troia. Ne ho le palle piene di questo lavoro. Di sicuro non è una bimba che fugge di casa"
le voci provengono dalla sala, i poliziotti si spostano con disinvoltura all'interno della casa, senza dare troppa attenzione ad un eventuale pericolo.
"Io partirei a cercare dalla cucina. La metà delle vecchie si ammazza là."
"Ok".
E sente infine i passi iniziare a cercarla.

Ore 18:01:38
Aprì con lentezza gli occhi, spalancando a fatica le palpebre. Il mal di testa gli serrava ogni tipo di pensiero non lineare : adesso era costretto ad essere un tipo praticamente normale. Niente ragionamenti strani, solo una bella strada dritta. "Ok Iaco. Dobbiamo capire che diavolo è successo." diceva a se stesso.
La stanza intorno era piuttosto buia, riusciva a scorgere una luce da sotto la porta, posta esattamente di fronte a lui, e un'altra luce da una finestra probabilmente sbarrata con delle travi di legno.
Per quello che veniva illuminato riusciva ad intravedere i contorni di un tavolo, ma sarà stato almeno a tre metri da lui. La sedia su cui l'avevano legato era probabilmente comprata all'ikea. Buona fattura certo, ma niente che non si potesse fregare in qualche modo.
Però questo non bastava a rassicurarlo. In genere non si faceva prendere alla sprovvista facilmente. Chiunque fosse stato era stato addestrato meglio di lui, o magari aveva più talento.
Poco importa. Non lo rassicurava il buio, non lo rassicurava il fatto che fosse stato fregato e non lo rassicuravano neanche i passi oltre la porta.

Ore 18:02:47
La stupidità dei poliziotti era stata sufficiente. Per uno strano caso di fortuna Dalila si nascose dietro la porta, armata e pronta ad uccidere. Ma a nessuno venne in mente di guardare cosa ci potesse essere e quindi il suo bel teatrino fu fermato.
Riuscì ad allontanarsi senza che i due poliziotti potessero anche solo intuirne la presenza.
Prese le scarpe da lei abbandonate poco prima, e si avvicinò alla porta. Rimaneva il terzo. Doveva farcela. Lo avrebbe stordito con una buona mossa di arti marziali.
Ora era esattamente a qualche manciata di centimetri dal terzo poliziotto, solo la parete li divideva.
Dalila fece un giro sulla punta dei suoi piedi scalzi, puntando la gamba nel centro, sulla soglia della porta. L'altra gamba si inarcò prendendo velocità, per poi caricare una possente ginocchiata. Contemporaneamente col braccio teso andò a colpire il collo del poliziotto, poggiato al muro a fumare.
Il corpo dell'ufficiale cadde a terra senza lamentarsi.
"Che è stato quel rumore? Roberto? Va tutto bene? Roberto?"
Dalila corse quanto più veloce poteva attraverso le scale. Ora non aveva più tempo da perdere.
Corse corse corse a perdifiato senza respirare senza dare attimi ai suoi perseguitatori, "Nascondermi, fuggire" pensava, in un flusso di pensieri sconnesso e impulsivo. Indossò nuovamente le scarpe poco prima di varcare l'ultima porta della costruzione.
Quando arrivò in strada erano le ore 18:03:16. Un secondo prima dell'esplosione che avrebbe chiaramente udito.

Ore 18:03:18
"Che diavolo è stato?" fu l'unica frase che Iaco pronunciò, prima di sentire il pugno arrivare sulla faccia a stordirlo, mentre il suo rapitore sorrideva compiaciuto dell'esplosione.

lunedì 20 agosto 2007

Parte 4 - Un tetto sopra la testa

(Writer: SommoCoca)

"Antonio?"
"Antonio?" urlò, mentre richiudeva la porta di casa dietro di sè.
Fuori stava iniziando a piovere ed era felice di essere al coperto, ormai.
"Antonio dove sei?" continuò, mentre si slegava la cintura del Trench e riponeva quest'ultimo nell'appendiabiti arancione posto sulla sinistra della porta.
Amava quell'appendiabiti, l'aveva comprato durante un viaggio a New Orleands e non capiva cosa glielo facesse piacere così tanto. Non era nemmeno così particolare; aveva una forma esile e slanciata simile a quella di tre bastoni intrecciati e ricurvi sulla cima e sul fondo, lungo le assi centrali mostravano un disegno floreale tendente al blu, e niente più.
Forse l'amava perchè, in fondo, era l'unico mobile suo all'interno di quella casa.
Assieme al Trench, appese anche il cappello, poi aprì il primo cassetto del mobile lì vicino e vi ripose tutto il contenuto presente nelle tasche del cappotto, a parte l'accendino che tenne in mano durante tutta l'operazione.
Posò gli occhiali sopra e lasciò in un angolo gli stivali, scalzandosi. Mise infine l'accendino nella tasca destra dei calzoni.
Si trovava in un piccolo ingresso, il quale dava accesso ad un soggiorno ben arredato in stile liberty, sebbene dasse un'idea di sovrabbondanza viste le sue non grandi dimensioni.
Vi entrò.
I colori cangiavano dal marrone dei mobili e dei divani, al verdognolo delle lampade fino al rosso bordeaux delle pareti, le quali erano in gran parte tagliate da un grande vetrata centrale. Quest'ultima, essendo posta al quarto piano del palazzo in cui si trovava, forniva una vista molto gradevole della città.

Era stanca e voleva stendersi sul divano, solo quello voleva e solo quello sentiva, ciò che non sentiva, però, era la risposta ai suoi richiami.
"Antonio???" chiese per l'ultima volta, alterando leggermente il tono di voce mostrando segni di scocciatura.
Lasciò perdere il divano e si avviò verso la camera da letto, aprì la porta.
Non potè credere a ciò che vide.
Antonio era sdraiato sul letto con la bocca piena di vari tessuti, tra i quali si potevano riconoscere pezzetti di cuoio. Vicino al corpo di Antonio un paio di scarpe completamente dilaniate e ripiene di morsi.
"Stupido cagnaccio!!" urlò arrabbiata "Guarda cosa hai fatto alle mie scarpe!!!" continuò, mentre andava spingendo fuori dal letto il pestifero cane.
Era un animale di taglia media, per il momento, trattandosi di un Labrador sicuramente non più vecchio di un anno. Aveva il pelo liscio e corto e il colore beige tipico della sua razza.
Aprì una piccola pattumiera gialla posta all'interno del bagno adiacente la camera e vi gettò le scarpe ormai distrutte.
"Non capisco perchè ti lascio fare tutto questo, inutile cane! Dovrei farti fuori, ma voglio troppo bene agli animali..." diceva, mentre la furia andava svanendo.
"E poi che diavolo di nome è Antonio per un cane?! Non lo trovo certo adatto, la tua padrona doveva avere dei gusti un po' strani"
Mentre diceva così, dopo una bella sbattuta alle coperte, si lasciò cadere sul letto. "Anche meglio del divano" pensò.

Non fece in tempo ad assopirsi leggermente che il citofono suonò.
Lei, vigile, passò da sdraiata a seduta ma evitò di alzarsi dal letto.
Dopo qualche attimo suonò di nuovo.
Si risdraiò pensando che, chiunque fosse, se ne sarebbe andato e, dopo un terzo squillo, non sentì più nulla.
Passo circa un minuto, si era messa a guardare fuori dalla finestra della camera e la pioggia aveva iniziato a cadere più violentemente.
In quel momento fu destata da un nuovo squillare, ma stavolta, chiunque fosse, era davanti alla porta di casa.
Al suono del campanello Dalila saltò in piedi ed un brivido gelido la accompagnò nel salto.
Tirò fuori dalla tasca l'accendino e lo tenne in mano, pronto a sparare.
Sentì suonare di nuovo e poi una mano bussare con forza.
"Polizia!"
Era una voce maschile. Lei Sussultò.
"Polizia, signora! Aprà perfavore, è in casa?"
Continuò a pensare che se non avesse risposto se ne sarebbero andati, ma trovandosi in camera non poteva sentire i sussurri di coloro che stavano al di là della porta, mentre confabulavano di forzarla. Sentì un colpo violento e subito dopo degli scricchiolii, seguiti da un "Apra perfavore!!" che ormai aveva ben poco senso.

Era chiaro cosa stesse accadendo.
Dalila sapeva che da troppo tempo se ne stava nascosta in quella casa.
Sapeva che da troppo tempo i parenti e gli amici della padrona di casa non avevano risposta alle telefonate e alle visite e che questo li avrebbe fatti preoccupare e, peggio, avvisare la polizia.
Sapeva anche che la padrona di casa, in ogni caso, non avrebbe comunque mai più risposto a telefonate e ricevuto visite visto che ormai di lei si potevano solo trovare pezzetti dentro la ciotola di Antonio.
Quest'ultimo iniziò ad abbaiare fortemente, senza placarsi. Dalila gli fece cenno di smettere, ma senza successo, così come senza successo erano tutti i piani di fuga che stavano venendole in mente.
Pensò infine che chiunque fosse, probabilmente, non era preparato alla presenza di una donna armata e che con un po' di fortuna sarebbe riuscita a scappare.
Alzò il cuscino, prese la 9mm e rimise in tasca l'accendino, poi corse rapidamente in cucina, nella parte opposta della casa, sperando che i suoi passi di piedi nudi non riecheggiassero nelle orecchie dei poliziotti.
Si nascose dietro il frigorifero e un attimo dopo, con un sonoro schianto, la porta si spalancò.

martedì 14 agosto 2007

Parte 3 - Precauzioni Inutili

(Writer: Pacowoodoo)

-Le conosco quelle come te-
Forse con quella frase si era sbilanciato un po' troppo, ma quella situazione lo divertiva e, in fin dei conti, la consegna era avvenuta.
Iaco non permetteva mai che le emozioni perturbassero il suo volto ma si lasciò sfuggire un sorriso ripensando a quanto aveva faticato per vedere gli occhi nocciola della ragazza; non bastavano gli occhiali doveva mettersi anche quelle maledette lenti a contatto. Il travestirsi non lo aveva mai attratto molto. Per lui era tutta questione di fisicità, di espressione, di movimenti e sguardi: la sua faccia era il suo miglior travestimento.
Nonostante questo, l'abbigliamento della donna lo aveva talmente incuriosito da indurlo a metterla alla prova, voleva vederla più da vicino e capire se lei avesse saputo vedere il suo BLUFF.

Non che naturalmente avesse un piano, sapeva solo che doveva consegnare quel messaggio e per lui era sufficiente; le macchinazioni e i progetti li lasciava agli intellettuali di turno, la sua vita era improvvisazione. Amava solo il JAZZ.
Nell'ambiente i tipi come lui venivano chiamati Wildcard e difficilmente tagliavano il traguardo dei trent'anni, anche se a Iaco mancavano solo poche settimane.

Un corvo gracchiante piombò fra i suoi pensieri facendo fuggire almeno altrettanti piccioni. Si era distratto e l'unica causa era imputabile alla lunga nottata insonne che si portava alle spalle. Adesso l'idea di un letto era la prospettiva più gradevole per quel fine di giornata.

Nell'aria una brezza gravosa preannunciava niente di buono e le nuvole stavano prendendo sempre più posto al cielo terso di poche ore prima. Iaco guardò in alto sospirando, almeno un po' d'acqua avrebbe contribuito a tenerlo sveglio e la pioggia non si fece aspettare. La vita della strada subì una forte accelerata per i pochi secondi che seguirono le prime gocce, ognuno cercava un riparo o si affrettava per raggiungere casa mentre Iaco restò lì per un attimo a godersi quella carezza di Dio.

Fu in quel momento che un uomo sulla sessantina con un abito grigio topo lo urtò con violenza continuando poi la sua corsa probabilmente verso casa. Iaco imprecò accusando un forte dolore al fianco, si appoggiò per un attimo sui gradini di un portone lì vicino, quasi stordito.Impiegò poco tempo a capire che quell'uomo non era il cassiere di banca che appariva e lo stordimento non derivava dal contraccolpo, i suoi sensi lo abbandonarono velocemente e le sue palpebre ormai pesanti si chiusero lentamente.

L'ultimo suo pensiero andò alla donna in rosso, chissà quando si sarebbe accorta di non avere più il cellulare, con l'arsenale che si portava dietro forse mai...