martedì 11 settembre 2007

Parte 7 - La via della semplicità

(Writer: Asdmaster)

Si lascio' andare indietro sulla sedia stendendo le gambe al di sotto della scrivania, gli occhi socchiusi, il respiro regolarizzato nel tentativo di raggiungere uno stato di quiete utile al pensare, al ragionare, per trovare un bandolo di una matassa che sembrava essere più ingarbugliata di quanto sembrasse in precedenza.
L'ispettore Ferrini, di nome Elia, si stropiccio' il viso cercando di scacciare quella stanchezza mentale che come una coltre di nebbia avvolgeva la sua lucidità, provò a focalizzare gli eventi puntando lo sguardo in un punto vuoto dell'ufficio.
Non si accorse nemmeno di un agente che gentilmente gli aveva portato un caffe', mantenendo un rigoroso silenzio per rispetto alle sue elucubrazioni mentali, la coscienza dell'ispettore era altrove, cercando disperatamente una connessione alternativa fra fatti che sembravano troppo facilmente interconnessi fra di loro.
L'esplosione, tutto ruotava intorno a quello... l'esplosione e un tizio carico di esplosivo...
c'era qualcosa che non tornava... tipo nota stonata... era quasi...
Banale.
Ecco la parola giusta, la soluzione incarnata nella figura dell'uomo giusto al momento giusto nel posto giusto?
Banale...
L'ispettore capo Martinelli gia' esultava per aver preso con le mani nel sacco il dinamitardo, la stampa era in un brodo di giuggiole pronta a fornire in pasto alla gente il nuovo mostro... Ma, a Ferrini, tutto questo continuava a non andare a genio.
Il tarlo del dubbio lavorava producendo un ideale ronzio nella mente dell'uomo, insinuandosi e continuando a fargli vedere che la soluzione che cercava era lì, proprio lì, appena al di la' del suo campo visivo... così vicina e allo stesso tempo non raggiungibile nell'immediato... una supposizione, o un tarlo, non bastavano a tenere aperta una indagine per troppo tempo, se lo avesse fatto lo avrebbero martirizzato.
Si alzò dalla sedia stanco oramai di battere la testa sull'argomento, era tutto il giorno che ci rimuginava sopra, doveva staccare il cervello e prendersi una pausa; domani la cosa magari gli sarebbe sembrata sicuramente piu' chiara, addirittura, con un po' di fortuna, si sarebbe potuto rendere conto che il l'ispettore capo, il questore, i giornalisti avevano ragione e che il mostro era proprio l'uomo che avevano arrestato.
Non ci credeva nemmeno lui a questa rosea visione, ma al momento...
Lascio' il pensiero a morire così a mezzo, mentre si dirigeva verso l'uscita del distaccamento di polizia salutando con gesti della mano e del capo i colleghi e i subordinati, ricadendo, purtroppo, nel turbinio di pensieri sparsi che rimbalzavano nella sua scatola cranica come le palline di un flipper in una partita parecchio movimentata.
Il "mostro", non aveva rilasciato dichiarazioni, ed era piu' che comprensibile, in fondo uno zaino pieno di esplosivo lascia poco spazio di manovra a smentite o affermazioni di non colpevolezza.
Alto piu' della media la figura dell'ispettore si allontanava dal distretto in direzione di un' alfa 147 nera, sigretta stretta nelle labbra e sguardo rivolto verso la pavimentazione del marciapiede, schivando quasi istintivamente i pochi passanti...
Poi, nel baccano dei suoi pensieri, un suono, anzi per la precisione una melodia, la cavalcata delle vakirie.
Ferrini inalzo' un sopracciglio con espressione contrariata, scocciato per l'interruzione poco cortese estrasse dalla tasca il cellulare leggendo sul display un chiarificatore "numero privato"
"Ferrini..." come sua abitudine si identifico' quasi abbaiando al microfono dell'apparecchio, convinto fino in fondo che fosse una chiamata che lo avrebbe costretto a girarsi e tornare in ufficio.
La voce femminile che rispose, pero', era completamente diversa da quella della centralinista.
"Ciao Elia... credo di essere nei guai." una pausa, chi parlava evidentemente conosceva bene il peso delle parole che aveva pronunciato, e le loro conseguenze. "Ho bisogno di te."
Panico. non esistono altre parole per definire la sensazione dell'ispettore in quel momento, se non Panico, e di quello con la P maiuscola, non una paura generica.
"Ma.. " deglutì come cercando di scacciare gli effetti di un pugno alla bocca dello stomaco. "Dalila... cosa... Cosa diavolo vuoi da me ?"

mercoledì 5 settembre 2007

Parte 6 - L'appuntamento

(Writer: Immenso)

La pioggia cadeva fitta mentre lui, frettolosamente, raggiungeva il luogo dell'appuntamento. Voleva essere puntuale a tutti i costi, dimostrare di essere affidabile e di saper gestire qualunque situazione.
Arrivò all'indirizzo che si era segnato. Il suo appuntamento era per le 18.00 in punto, via Pisana 123, di fronte ad un vecchio palazzo con un piccolo giardino davanti all'ingresso.
Il cellulare cominciò a vibrare. All'altro capo della linea c'era il suo contatto, l'uomo del mistero. Mai visto prima. Era ansioso di conoscerlo, aveva il desiderio di scoprire se era realmente come se l'era immaginato.
Gli disse di attendere al punto di incontro ancora per un po'. Strano che fosse in ritardo. Cominciò subito a pensare che qualcosa fosse andato storto. Poteva essere seguito o rintracciato, ma cercò di convincersi che tutto filasse liscio. Doveva calmarsi. Si accese una sigaretta, tenendo l'ombrello appoggiato al corpo, avvicinandosi al porticato dal palazzo per ripararsi dalla pioggia.

Il portone di ingresso del palazzo si spalancò. Vide una donna sfrecciargli di lato.

Senza rendersene conto si ritrovò a terra. Non riuscì a capire se fosse inciampato da solo, oppure se fosse stata la donna a farlo cadere. Sapeva solo che era disteso sul giardino, sotta la pioggia ed in mezzo al fango. Vide la figura femminile allontanarsi rapidamente, ma in modo ordinato. La stronza non si girò neanche per scusarsi. Fu tentato di urlarle contro, ma non voleva attirare troppo l'attenzione, data la situazione non sarebbe stato opportuno.

Mentre imprecava silenziosamante a causa del fango che si ritrovava addosso, udì un boato enorme. Non pensava che l'esplosione sarebbe stata cosi violenta. Nè pensava che la bomba sarebbe esplosa in quel preciso istante.
Il fatto di essere a poche centinaia di metri dall'esplosione lo turbava alquanto e decise di allontanarsi dal luogo dell'appuntamento. Troppo pericoloso restare lì vicino con tutto l'esplosivo che aveva nello zaino.
Provò ad alzarsi ma fu riatterrato nuovamente, schiena a terra, da un cane uscito dallo stesso portone. Era un Labrador tanto affettuoso quanto ingombrante. Sul collare aveva scritto il nome “Antonio”. Gli parve inverosimile che il cane si chiamasse Antonio proprio come lui. Incredibile. Notò anche il muso ricoperto di sangue. "Avrà aggredito qualcuno?", "Sarà pericoloso?" pensò.
Il cane cominciò ad abbaiare insistentemente ed Antonio, ricomperto di fango, si rimise in piedi avviandosi verso la strada. Era desideroso di andarsene. Nello stesso istante un poliziotto armato spuntò dalla porta.
"Non muoverti" urlò.