mercoledì 29 agosto 2007

Parte 5 - I secondi contano il tempo

(Writer: Andrea(sdl))

Ore 18:00:24

Dalila attraversa la stanza con passo felpato. Si ferma dietro la parete ed ascolta i rumori provenire dall'ingresso della casa. Riesce a contare due persone dal rumore dei passi, più una terza, dal tocco finale sulla porta dopo che i suoi compagni ne hanno preceduto l'ingresso. La terza però rimane fuori, e Dalila lo sente dai suoni.
"Ma secondo te c'è qualcuno?"
"Sarà il solito caso di vecchiettina morta per infarto. Porca troia. Ne ho le palle piene di questo lavoro. Di sicuro non è una bimba che fugge di casa"
le voci provengono dalla sala, i poliziotti si spostano con disinvoltura all'interno della casa, senza dare troppa attenzione ad un eventuale pericolo.
"Io partirei a cercare dalla cucina. La metà delle vecchie si ammazza là."
"Ok".
E sente infine i passi iniziare a cercarla.

Ore 18:01:38
Aprì con lentezza gli occhi, spalancando a fatica le palpebre. Il mal di testa gli serrava ogni tipo di pensiero non lineare : adesso era costretto ad essere un tipo praticamente normale. Niente ragionamenti strani, solo una bella strada dritta. "Ok Iaco. Dobbiamo capire che diavolo è successo." diceva a se stesso.
La stanza intorno era piuttosto buia, riusciva a scorgere una luce da sotto la porta, posta esattamente di fronte a lui, e un'altra luce da una finestra probabilmente sbarrata con delle travi di legno.
Per quello che veniva illuminato riusciva ad intravedere i contorni di un tavolo, ma sarà stato almeno a tre metri da lui. La sedia su cui l'avevano legato era probabilmente comprata all'ikea. Buona fattura certo, ma niente che non si potesse fregare in qualche modo.
Però questo non bastava a rassicurarlo. In genere non si faceva prendere alla sprovvista facilmente. Chiunque fosse stato era stato addestrato meglio di lui, o magari aveva più talento.
Poco importa. Non lo rassicurava il buio, non lo rassicurava il fatto che fosse stato fregato e non lo rassicuravano neanche i passi oltre la porta.

Ore 18:02:47
La stupidità dei poliziotti era stata sufficiente. Per uno strano caso di fortuna Dalila si nascose dietro la porta, armata e pronta ad uccidere. Ma a nessuno venne in mente di guardare cosa ci potesse essere e quindi il suo bel teatrino fu fermato.
Riuscì ad allontanarsi senza che i due poliziotti potessero anche solo intuirne la presenza.
Prese le scarpe da lei abbandonate poco prima, e si avvicinò alla porta. Rimaneva il terzo. Doveva farcela. Lo avrebbe stordito con una buona mossa di arti marziali.
Ora era esattamente a qualche manciata di centimetri dal terzo poliziotto, solo la parete li divideva.
Dalila fece un giro sulla punta dei suoi piedi scalzi, puntando la gamba nel centro, sulla soglia della porta. L'altra gamba si inarcò prendendo velocità, per poi caricare una possente ginocchiata. Contemporaneamente col braccio teso andò a colpire il collo del poliziotto, poggiato al muro a fumare.
Il corpo dell'ufficiale cadde a terra senza lamentarsi.
"Che è stato quel rumore? Roberto? Va tutto bene? Roberto?"
Dalila corse quanto più veloce poteva attraverso le scale. Ora non aveva più tempo da perdere.
Corse corse corse a perdifiato senza respirare senza dare attimi ai suoi perseguitatori, "Nascondermi, fuggire" pensava, in un flusso di pensieri sconnesso e impulsivo. Indossò nuovamente le scarpe poco prima di varcare l'ultima porta della costruzione.
Quando arrivò in strada erano le ore 18:03:16. Un secondo prima dell'esplosione che avrebbe chiaramente udito.

Ore 18:03:18
"Che diavolo è stato?" fu l'unica frase che Iaco pronunciò, prima di sentire il pugno arrivare sulla faccia a stordirlo, mentre il suo rapitore sorrideva compiaciuto dell'esplosione.

lunedì 20 agosto 2007

Parte 4 - Un tetto sopra la testa

(Writer: SommoCoca)

"Antonio?"
"Antonio?" urlò, mentre richiudeva la porta di casa dietro di sè.
Fuori stava iniziando a piovere ed era felice di essere al coperto, ormai.
"Antonio dove sei?" continuò, mentre si slegava la cintura del Trench e riponeva quest'ultimo nell'appendiabiti arancione posto sulla sinistra della porta.
Amava quell'appendiabiti, l'aveva comprato durante un viaggio a New Orleands e non capiva cosa glielo facesse piacere così tanto. Non era nemmeno così particolare; aveva una forma esile e slanciata simile a quella di tre bastoni intrecciati e ricurvi sulla cima e sul fondo, lungo le assi centrali mostravano un disegno floreale tendente al blu, e niente più.
Forse l'amava perchè, in fondo, era l'unico mobile suo all'interno di quella casa.
Assieme al Trench, appese anche il cappello, poi aprì il primo cassetto del mobile lì vicino e vi ripose tutto il contenuto presente nelle tasche del cappotto, a parte l'accendino che tenne in mano durante tutta l'operazione.
Posò gli occhiali sopra e lasciò in un angolo gli stivali, scalzandosi. Mise infine l'accendino nella tasca destra dei calzoni.
Si trovava in un piccolo ingresso, il quale dava accesso ad un soggiorno ben arredato in stile liberty, sebbene dasse un'idea di sovrabbondanza viste le sue non grandi dimensioni.
Vi entrò.
I colori cangiavano dal marrone dei mobili e dei divani, al verdognolo delle lampade fino al rosso bordeaux delle pareti, le quali erano in gran parte tagliate da un grande vetrata centrale. Quest'ultima, essendo posta al quarto piano del palazzo in cui si trovava, forniva una vista molto gradevole della città.

Era stanca e voleva stendersi sul divano, solo quello voleva e solo quello sentiva, ciò che non sentiva, però, era la risposta ai suoi richiami.
"Antonio???" chiese per l'ultima volta, alterando leggermente il tono di voce mostrando segni di scocciatura.
Lasciò perdere il divano e si avviò verso la camera da letto, aprì la porta.
Non potè credere a ciò che vide.
Antonio era sdraiato sul letto con la bocca piena di vari tessuti, tra i quali si potevano riconoscere pezzetti di cuoio. Vicino al corpo di Antonio un paio di scarpe completamente dilaniate e ripiene di morsi.
"Stupido cagnaccio!!" urlò arrabbiata "Guarda cosa hai fatto alle mie scarpe!!!" continuò, mentre andava spingendo fuori dal letto il pestifero cane.
Era un animale di taglia media, per il momento, trattandosi di un Labrador sicuramente non più vecchio di un anno. Aveva il pelo liscio e corto e il colore beige tipico della sua razza.
Aprì una piccola pattumiera gialla posta all'interno del bagno adiacente la camera e vi gettò le scarpe ormai distrutte.
"Non capisco perchè ti lascio fare tutto questo, inutile cane! Dovrei farti fuori, ma voglio troppo bene agli animali..." diceva, mentre la furia andava svanendo.
"E poi che diavolo di nome è Antonio per un cane?! Non lo trovo certo adatto, la tua padrona doveva avere dei gusti un po' strani"
Mentre diceva così, dopo una bella sbattuta alle coperte, si lasciò cadere sul letto. "Anche meglio del divano" pensò.

Non fece in tempo ad assopirsi leggermente che il citofono suonò.
Lei, vigile, passò da sdraiata a seduta ma evitò di alzarsi dal letto.
Dopo qualche attimo suonò di nuovo.
Si risdraiò pensando che, chiunque fosse, se ne sarebbe andato e, dopo un terzo squillo, non sentì più nulla.
Passo circa un minuto, si era messa a guardare fuori dalla finestra della camera e la pioggia aveva iniziato a cadere più violentemente.
In quel momento fu destata da un nuovo squillare, ma stavolta, chiunque fosse, era davanti alla porta di casa.
Al suono del campanello Dalila saltò in piedi ed un brivido gelido la accompagnò nel salto.
Tirò fuori dalla tasca l'accendino e lo tenne in mano, pronto a sparare.
Sentì suonare di nuovo e poi una mano bussare con forza.
"Polizia!"
Era una voce maschile. Lei Sussultò.
"Polizia, signora! Aprà perfavore, è in casa?"
Continuò a pensare che se non avesse risposto se ne sarebbero andati, ma trovandosi in camera non poteva sentire i sussurri di coloro che stavano al di là della porta, mentre confabulavano di forzarla. Sentì un colpo violento e subito dopo degli scricchiolii, seguiti da un "Apra perfavore!!" che ormai aveva ben poco senso.

Era chiaro cosa stesse accadendo.
Dalila sapeva che da troppo tempo se ne stava nascosta in quella casa.
Sapeva che da troppo tempo i parenti e gli amici della padrona di casa non avevano risposta alle telefonate e alle visite e che questo li avrebbe fatti preoccupare e, peggio, avvisare la polizia.
Sapeva anche che la padrona di casa, in ogni caso, non avrebbe comunque mai più risposto a telefonate e ricevuto visite visto che ormai di lei si potevano solo trovare pezzetti dentro la ciotola di Antonio.
Quest'ultimo iniziò ad abbaiare fortemente, senza placarsi. Dalila gli fece cenno di smettere, ma senza successo, così come senza successo erano tutti i piani di fuga che stavano venendole in mente.
Pensò infine che chiunque fosse, probabilmente, non era preparato alla presenza di una donna armata e che con un po' di fortuna sarebbe riuscita a scappare.
Alzò il cuscino, prese la 9mm e rimise in tasca l'accendino, poi corse rapidamente in cucina, nella parte opposta della casa, sperando che i suoi passi di piedi nudi non riecheggiassero nelle orecchie dei poliziotti.
Si nascose dietro il frigorifero e un attimo dopo, con un sonoro schianto, la porta si spalancò.

martedì 14 agosto 2007

Parte 3 - Precauzioni Inutili

(Writer: Pacowoodoo)

-Le conosco quelle come te-
Forse con quella frase si era sbilanciato un po' troppo, ma quella situazione lo divertiva e, in fin dei conti, la consegna era avvenuta.
Iaco non permetteva mai che le emozioni perturbassero il suo volto ma si lasciò sfuggire un sorriso ripensando a quanto aveva faticato per vedere gli occhi nocciola della ragazza; non bastavano gli occhiali doveva mettersi anche quelle maledette lenti a contatto. Il travestirsi non lo aveva mai attratto molto. Per lui era tutta questione di fisicità, di espressione, di movimenti e sguardi: la sua faccia era il suo miglior travestimento.
Nonostante questo, l'abbigliamento della donna lo aveva talmente incuriosito da indurlo a metterla alla prova, voleva vederla più da vicino e capire se lei avesse saputo vedere il suo BLUFF.

Non che naturalmente avesse un piano, sapeva solo che doveva consegnare quel messaggio e per lui era sufficiente; le macchinazioni e i progetti li lasciava agli intellettuali di turno, la sua vita era improvvisazione. Amava solo il JAZZ.
Nell'ambiente i tipi come lui venivano chiamati Wildcard e difficilmente tagliavano il traguardo dei trent'anni, anche se a Iaco mancavano solo poche settimane.

Un corvo gracchiante piombò fra i suoi pensieri facendo fuggire almeno altrettanti piccioni. Si era distratto e l'unica causa era imputabile alla lunga nottata insonne che si portava alle spalle. Adesso l'idea di un letto era la prospettiva più gradevole per quel fine di giornata.

Nell'aria una brezza gravosa preannunciava niente di buono e le nuvole stavano prendendo sempre più posto al cielo terso di poche ore prima. Iaco guardò in alto sospirando, almeno un po' d'acqua avrebbe contribuito a tenerlo sveglio e la pioggia non si fece aspettare. La vita della strada subì una forte accelerata per i pochi secondi che seguirono le prime gocce, ognuno cercava un riparo o si affrettava per raggiungere casa mentre Iaco restò lì per un attimo a godersi quella carezza di Dio.

Fu in quel momento che un uomo sulla sessantina con un abito grigio topo lo urtò con violenza continuando poi la sua corsa probabilmente verso casa. Iaco imprecò accusando un forte dolore al fianco, si appoggiò per un attimo sui gradini di un portone lì vicino, quasi stordito.Impiegò poco tempo a capire che quell'uomo non era il cassiere di banca che appariva e lo stordimento non derivava dal contraccolpo, i suoi sensi lo abbandonarono velocemente e le sue palpebre ormai pesanti si chiusero lentamente.

L'ultimo suo pensiero andò alla donna in rosso, chissà quando si sarebbe accorta di non avere più il cellulare, con l'arsenale che si portava dietro forse mai...