Parte 4 - Un tetto sopra la testa
(Writer: SommoCoca)
"Antonio?"
"Antonio?" urlò, mentre richiudeva la porta di casa dietro di sè.
Fuori stava iniziando a piovere ed era felice di essere al coperto, ormai.
"Antonio dove sei?" continuò, mentre si slegava la cintura del Trench e riponeva quest'ultimo nell'appendiabiti arancione posto sulla sinistra della porta.
Amava quell'appendiabiti, l'aveva comprato durante un viaggio a New Orleands e non capiva cosa glielo facesse piacere così tanto. Non era nemmeno così particolare; aveva una forma esile e slanciata simile a quella di tre bastoni intrecciati e ricurvi sulla cima e sul fondo, lungo le assi centrali mostravano un disegno floreale tendente al blu, e niente più.
Forse l'amava perchè, in fondo, era l'unico mobile suo all'interno di quella casa.
Assieme al Trench, appese anche il cappello, poi aprì il primo cassetto del mobile lì vicino e vi ripose tutto il contenuto presente nelle tasche del cappotto, a parte l'accendino che tenne in mano durante tutta l'operazione.
Posò gli occhiali sopra e lasciò in un angolo gli stivali, scalzandosi. Mise infine l'accendino nella tasca destra dei calzoni.
Si trovava in un piccolo ingresso, il quale dava accesso ad un soggiorno ben arredato in stile liberty, sebbene dasse un'idea di sovrabbondanza viste le sue non grandi dimensioni.
Vi entrò.
I colori cangiavano dal marrone dei mobili e dei divani, al verdognolo delle lampade fino al rosso bordeaux delle pareti, le quali erano in gran parte tagliate da un grande vetrata centrale. Quest'ultima, essendo posta al quarto piano del palazzo in cui si trovava, forniva una vista molto gradevole della città.
Era stanca e voleva stendersi sul divano, solo quello voleva e solo quello sentiva, ciò che non sentiva, però, era la risposta ai suoi richiami.
"Antonio???" chiese per l'ultima volta, alterando leggermente il tono di voce mostrando segni di scocciatura.
Lasciò perdere il divano e si avviò verso la camera da letto, aprì la porta.
Non potè credere a ciò che vide.
Antonio era sdraiato sul letto con la bocca piena di vari tessuti, tra i quali si potevano riconoscere pezzetti di cuoio. Vicino al corpo di Antonio un paio di scarpe completamente dilaniate e ripiene di morsi.
"Stupido cagnaccio!!" urlò arrabbiata "Guarda cosa hai fatto alle mie scarpe!!!" continuò, mentre andava spingendo fuori dal letto il pestifero cane.
Era un animale di taglia media, per il momento, trattandosi di un Labrador sicuramente non più vecchio di un anno. Aveva il pelo liscio e corto e il colore beige tipico della sua razza.
Aprì una piccola pattumiera gialla posta all'interno del bagno adiacente la camera e vi gettò le scarpe ormai distrutte.
"Non capisco perchè ti lascio fare tutto questo, inutile cane! Dovrei farti fuori, ma voglio troppo bene agli animali..." diceva, mentre la furia andava svanendo.
"E poi che diavolo di nome è Antonio per un cane?! Non lo trovo certo adatto, la tua padrona doveva avere dei gusti un po' strani"
Mentre diceva così, dopo una bella sbattuta alle coperte, si lasciò cadere sul letto. "Anche meglio del divano" pensò.
Non fece in tempo ad assopirsi leggermente che il citofono suonò.
Lei, vigile, passò da sdraiata a seduta ma evitò di alzarsi dal letto.
Dopo qualche attimo suonò di nuovo.
Si risdraiò pensando che, chiunque fosse, se ne sarebbe andato e, dopo un terzo squillo, non sentì più nulla.
Passo circa un minuto, si era messa a guardare fuori dalla finestra della camera e la pioggia aveva iniziato a cadere più violentemente.
In quel momento fu destata da un nuovo squillare, ma stavolta, chiunque fosse, era davanti alla porta di casa.
Al suono del campanello Dalila saltò in piedi ed un brivido gelido la accompagnò nel salto.
Tirò fuori dalla tasca l'accendino e lo tenne in mano, pronto a sparare.
Sentì suonare di nuovo e poi una mano bussare con forza.
"Polizia!"
Era una voce maschile. Lei Sussultò.
"Polizia, signora! Aprà perfavore, è in casa?"
Continuò a pensare che se non avesse risposto se ne sarebbero andati, ma trovandosi in camera non poteva sentire i sussurri di coloro che stavano al di là della porta, mentre confabulavano di forzarla. Sentì un colpo violento e subito dopo degli scricchiolii, seguiti da un "Apra perfavore!!" che ormai aveva ben poco senso.
Era chiaro cosa stesse accadendo.
Dalila sapeva che da troppo tempo se ne stava nascosta in quella casa.
Sapeva che da troppo tempo i parenti e gli amici della padrona di casa non avevano risposta alle telefonate e alle visite e che questo li avrebbe fatti preoccupare e, peggio, avvisare la polizia.
Sapeva anche che la padrona di casa, in ogni caso, non avrebbe comunque mai più risposto a telefonate e ricevuto visite visto che ormai di lei si potevano solo trovare pezzetti dentro la ciotola di Antonio.
Quest'ultimo iniziò ad abbaiare fortemente, senza placarsi. Dalila gli fece cenno di smettere, ma senza successo, così come senza successo erano tutti i piani di fuga che stavano venendole in mente.
Pensò infine che chiunque fosse, probabilmente, non era preparato alla presenza di una donna armata e che con un po' di fortuna sarebbe riuscita a scappare.
Alzò il cuscino, prese la 9mm e rimise in tasca l'accendino, poi corse rapidamente in cucina, nella parte opposta della casa, sperando che i suoi passi di piedi nudi non riecheggiassero nelle orecchie dei poliziotti.
Si nascose dietro il frigorifero e un attimo dopo, con un sonoro schianto, la porta si spalancò.
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